Di Danilo Ramirez
L’articolo dal titolo “Un’occhiata in casa d’altri…..” apparso su questa rivista il 29 maggio provoca una serie
di considerazioni gettando l’occhio in casa nostra.
Chiunque viva l’atletica italiana da molti anni, personalmente quest’anno compio 50 anni dalla mia prima
volta su una pista, ha visto passare e cambiare la storia di questo sport nel paese.
Il parallelo con altri sport appare impietoso, ricordo perfettamente quando il nuoto italiano era
praticamente assente dalle competizioni internazionali, quando avere un finalista a olimpiadi e mondiali era
una rarità, un caso quasi unico.
La crescita del nuoto italiano è stata progressiva e dirompente, oggi appare naturale vedere medaglie e
campioni in tutte le discipline.
Ma io non vado neanche ad analizzare cosa è successo.
Perché c’è un presupposto che blocca sul nascere qualsiasi analisi tecnica o gestionale.
Gli allenatori del nuoto sono pagati.
Qui ci fermiamo, inutile andare avanti.
Anche quelli della pallavolo, del basket, e direi di quasi tutti gli sport.
Andiamo a fare un giro su un campo di atletica.
Ci troveremo pensionati, impiegati, ingegneri, architetti e…genitori, sì perché i papà dei ragazzi promettenti
diventano improvvisamente allenatori con i danni che chiunque nell’ambiente conosce.
Ma non ci troveremo dei professionisti.
L’atletica italiana è basata sul volontariato e la casualità dei suoi risultati deriva tutta da questo fattore
“marginale”.
Prendete una classifica di un campionato giovanile di 5 anni fa. I primi 8. Ditemi quanti oggi ancora
gareggiano. La morìa di talenti è impressionante.
Ad un certo punto mancano gli stimoli, le strutture e i tecnici.
Vogliamo creare un lanciatore in Piemonte? Un paio di allenatori li conosco ma….non sono un po’ pochi?
A mio parere il risultato più grave di questo dilettantismo è stato l’abbandono a se stessi di tutti i grandi
atleti che hanno portato lustro a questo sport negli anni passati.
Se guardo alla mia generazione o a quella immediatamente successiva posso constatare che quasi nessuno
è rimasto nell’ambiente.
Non faccio nomi volontariamente, potrei citare atleti che hanno partecipato a olimpiadi e a mondiali, atleti
con numerose presenze in nazionale. Finita la carriera hanno dovuto inventarsi in attività lavorative a volte
persino in altre discipline sportive. Grandi campioni passati a preparare il tennis, la pallavolo, il calcio.
E questo solo perché l’atletica non ha saputo tenerli a sé.
Se ogni anno si perde l’esperienza di chi è stato bravo come si fa a migliorare?
Si continua come adesso, tanto il talento esce ovunque e tra i tanti che si perdono basta uno per tenere
alto il nome della federazione, che vuoi che capisca la gente o i giornalisti?
Ci sono circa 30 specialità nell’atletica ma in Italia corriamo dietro a un Tortu, a un Tamberi, adesso a un
Jacobs, la cultura manca e questo va benissimo.
Ricordo che parlando con un consigliere federale, mai il nome, mi disse “Se lei sa come si pagano gli
allenatori me lo dica che comincio a farlo subito nella mia società” con scherno.
Pensa che io lo so.
Prima di dirlo faccio un esempio.
Paese di 3mila abitanti, squadra di pallavolo in serie D, onesta serie regionale. Il tecnico prende 800 euro al
mese con l’incarico anche di gestire il settore giovanile.
Se ce la fa una società così piccola ce la devi fare anche tu consigliere federale.
Ed ecco LA PROPOSTA perché criticare è facile, poi bisogna proporre alternative.
Sto molto sul generale.
Si prendono le società che fanno le finali nazionali e si mette l’obbligo di un tecnico pagato. Magari le prime
20 anche due.
Così si muove un mercato di tecnici e chi è bravo ha anche una sua gratificazione.
In tutto questo deve intervenire la federazione a supportare le società.
Come? E’ un loro compito trovarlo.
Come credete che sia uscita la grande atletica italiana degli anni 70?
Gli allenatori in molti casi erano insegnanti sollevati dal loro incarico grazie a un accordo con la federazione.
So che in Francia attualmente questa situazione riguarda almeno 100 insegnanti.
Fantascienza? A me non sembra, io mi allenavo a Torino e i vari Locatelli, Canova, Astrua erano in questa
condizione, così si fanno i risultati.
Di pari passo si deve agire con gli atleti, assicurando un futuro anche a chi non è GS militare.
Posso ricordare che Mennea, Simeoni, Cova non erano militari ma hanno vinto le Olimpiadi.
Si è fatto e si può evidentemente rifare.
Forza!
Danilo Ramirez