L’atletica leggere in ambito giovanile
Premessa
L ‘attività giovanile nelle discipline dell’atletica leggere viene intesa nell’età della scuola primaria, passando dalle scuole medie fino alla prima liceo (ragazzi e cadetti).
A nostro avviso andrebbero considerati anche i soggetti dalla terza alla quinta elementare, ovvero la fascia di età 8 -11 anni.
Sport individuali come il nuoto o la ginnastica artistica è proprio a questo livello che vanno cercare i talenti per le loro discipline.
Va considerato infatti che, mentre le fasi delle capacità condizionali sono potenziabili tra i 12 ed i 18 anni, le fasi sensibili per le capacità coordinative, quelle dove un atleta impara velocemente e cambia le sue attitudini neuromuscolari, sono “aperte”, ovvero in grado di assimilare e automatizzare bene un gesto tecnico, a partire dagli 8 anni e fino ai 12-14 anni, in base al soggetto.
Perdere questa fase di sviluppo per insegnare le discipline tecniche pregiudica lo sviluppo successivo. Dopo questa età nessun atleta di talento è mai emerso in nessuna specialità.
Ricordiamo che un grande tecnico come Vitaly Petrov diceva che un soggetto in possesso solo delle capacità condizionali non è in grado di fare niente. Le informazioni motorie sono al loro massimo fino ai 12/13 anni. ( Il lavoro di Petrov su atleti maturi svolto anche in Italia, anche se incrementò le misure, non corresse più di tanto il gesto tecnico).
Si possono imparare gesti complessi anche con errori da correggere dopo, ma è solo nella fanciullezza che sequenze di azioni tecnicamente complesse, come quelle richieste dal salto con l’asta o dal tiro del giavellotto, possono essere apprese “naturalmente”; dopo è troppo tardi.
Renato Dionisi nella sua esperienza ha verificato che a 12/13 anni l’adolescente che si approccia ad una disciplina lo fa perché il suo desiderio lo guida verso quello che vuole e può fare: in pratica inconsciamente è portato già dalle sue caratteristiche fisiche verso la sua specialità. L’allenatore deve saper accompagnare il giovane verso questo percorso di scoperta.
Oggi a livello mondiale le specialità dell’atletica sono soggetto ad un allenamento orientato alla specializzazione precoce (il giavellotto si lancia già prima dei dieci anni).
Proposta operativa: rivedere le pratiche di allenamento
Di norma l’attività giovanile viene svolta in gruppi composti dai 10 ai 15 soggetti.
Ebbene, questa modalità di lavoro non permette di sviluppare un’attività mirata alle specialità.
Sempre di norma, la sequenza di lavoro si sviluppa in 1h e 30’, con un 10 % riscaldamento, un 60% attività di sviluppo delle capacitò condizionali generale, mirata a svolgere esercizi come andature, balzi, ostacolini, ginnastica, ecc., e solo alla fine, quando il corpo e la mente sono stanchi, si affrontano le specialità.
Noi abbiamo la convinzione che vadano date il più possibile di informazioni motorie fin da ragazzi. I tecnici giovanili devono cioè fare didattica delle specialità: solo così si possono scoprire gli atleti dotati, ma per farlo va invertito il rapporto del tempo che si dedica alla specialità rispetto al lavoro generale.
Sperimentare le specialità deve essere divertente, va trovata la quantità giusta di lavoro da dedicare.
Serve pensare delle unità didattiche che siano consecutive, su un’unica specialità da provare per tutti, dedicandoci almeno tre o quattro sedute in dieci giorni o in un paio di settimane. Così ogni mese si potrebbero affrontare un paio di specialità, ed in un paio di anni un fanciullo avrebbe così assaggiato tutte le specialità.
La multilateralità ha probabilmente bisogno della specialità piuttosto che della condizionalità: l’intelligenza motoria si sviluppa in profondità se si inizia ad esercitarla presto.
Qui sotto proponiamo uno schemino di lavoro riassuntivo per il settore giovanile.
E’ evidente che l’attività giovanile richieda tecnici che siano interessati a far progredire anche la specialità. L’ideale sarebbe avere tecnici specialisti da dedicare all’attività giovanile. Ma basterebbero anche istruttori disposti ad investire del tempo per approfondire un gruppo di specialità.
Obiezione
Tutto vero, ma spesso i ragazzi che vengono reclutati non hanno possesso neanche degli schemi motori di basi, e il lavoro sulle capacità condizionali supplisce a queste carenza. Prima costruisco una base di schemi motori e poi passo al gesto tecnico.
Controdeduzione
Questa obiezione in parte è vera, ma non per questo deve essere un alibi per ritardare l’incontro con la specialità. Nel gruppo dei ragazzi c’è sempre un elemento talentuoso che ha bisogno solo di mettersi alla prova. Se l’allenamento è 30 % di generale e 70 % di specialità, questo mette tutti in grado di migliorare da un punto di vista motorio e al tempo stesso fa scoprire a qualcuno la propria vocazione verso una specialità. Quindi conoscere le specialità tecniche, dai lanci ai salti in elevazione, deve essere patrimonio comune dell’istruttore giovanile.
E’chiaro che gli istruttori giovanili diventano strategici per lo sviluppo delle discipline più tecniche, e sulla loro formazione bisogna investire prioritariamente.
Anche perché poi, come dice saggiamente Dionisi, l’istruttore giovanile deve insegnare quello che sa insegnare, ma se non sa, è meglio che lasci stare.